Poeti vari 2
Giovanni Giudici
Vivranno per sempre?
………………………………..Sempre, sì – mi dicevo
e le vedevo
alla distanza del tempo rimpicciolire
lontanissime, in piedi, a braccia conserte
su quelle stesse soglie, o leggendo gli stessi giornali
crollando il capo, scuotendo gli stessi grembiali,
di nero o di grigio vestite e decisamente
fuori di moda come diventerà
ogni persona vivente
– ovunque e su quella stessa
strada fra il mare e una fila di platani
dove quieta ubbidiente e dimessa passò
la mia età infantile
………………………….– quelle persone viventi
che passarono poi come l'età
rispondendo di no alla domanda
che avevo dimenticata: no (dicendo)
non vivremo per sempre
– senza notizia alcuna, senza coscienza
di storia o di giustizia, senza il minimo dubbio
che un'altra vita sarebbe stata a venire
più vera, con più intelligenza:
e dunque senza viltà consegnate alla sorte
– alcune con stupore della morte,
con desiderio altre, con sofferenza.
(da La vita in versi, 1965)
Salvatore Leone
25 maggio
Gli orgia
Vengo da acque rotte e la Semele incenerita
a danzare sui vostri specchi, ordinando fiori e vino nuovo
e resistere allo scintillio che mia madre ha veduto.
Sono qui, nel giglio e nel coltello
a stordire l'oriente e la bestia cantando.
Vengo da un porpora osceno che divarica l'inguine
se gli ori ai padroni vi raddrizzano le schiene
e giurate solenne obbedienza.
E vengo a consacrare sudori al ventre
le mischie fatte di voci e sulla pelle
rantolo d'alba e la lama.
Vengo a inumidirvi coi rossi e d'acque piegate
al grido breve. A scongiurare il demone
fermo sul collo, mani che stringono
il cielo alla testa, e in terra la rigirano
e la battono, e mi rivestono
di fuoco migliore, l'altissimo bruciore.
sl2019
Ho un angelo che mi guarda dietro la spalla stanca, un angelo senza bilancia non
pesa la mia giornata. Un angelo che non mi condanna quando la rosa ferisco,
quando fuggo la speranza, quando batto la fronte sulla pietra del disinganno,
quando inganno la morte con rondini di carta. Ho un angelo che mi salva dietro
la spalla stanca.
Raffaele Carrieri
***
Roberto Mussapi
Ritorno dal pianeta
Io sono disceso e lo ricordo
il pianeta : a poco a poco si spegnevano le luci
e il sonno saliva dalle finestre, come una marea,
una luce che si spegneva e la radio ancora accesa,
buio e voce.
Chi spossato si addormentava come un animale
Nel Tir simile a un gigante pacificato,
immenso e muto sullo spiazzo dell'autostrada,
vidi gli insonni, la fame, la paura,
la disperazione di chi cercava una dose,
vidi la notte scendere su altri, nel cuore,
corpi che si placavano umidi, abbracciati,
proseguendo il respiro dove le parole hanno fine,
li vidi, addormentati, il molteplice e l'uno,
l'amore dei corpi che si rigenera nel sogno.
E io che credevo di essere luce fui buio,
perché buia era la notte sui mortali e buio il pianto
che da me, come avessi occhi, calava su loro.
Ho guardato, ho visto, credimi, Dio,
non fu inferiore
l'amore tra corpo e corpo, tra persona e persona,
quando abbassarono le persiane cercando un silenzio
più disperato e pieno di tutti i miei voli.
Questo posso testimoniare, questo ho veduto
Su quel pianeta dall'alto più piccolo della mia mano,
e che soffrì le acque, il delfino, il tuffatore,
che conobbe la donna e in essa il dolore,
e strade che imitavano la luce di quel cielo,
l'asfalto le automobili,
dove uno accelera e l'altro si affida,
e ognuno sogna un viaggio senza fine,
ho visto fari spegnersi nella notte e voci ronzare
e uno solo nel silenzio con l'autoradio
(sembrava la mia voce)
Due che chiedevano fino a quando,
fino a quando, amore?
Li ho accarezzati, ho posato
L'ala sulle loro spalle, ho sfiorato le mani,
le mani che si stringevano nel molteplice e nell'uno,
dal fumo della sigaretta che lei aveva appena acceso
io vidi nei suoi occhi il firmamento,
e il roteare eterno verso una sola luce.
Poi mi allontanai, lasciandoli soli,
nel firmamento, nell'abitacolo, nell'uno
che essi avevano scoperto nella valle del pianto e dell'amore,
e il ricordo,
e quel ricordo vela la trasparenza dei cieli.
Questo ti chiedo, il termine, il tempo,
che paghi l'amore e la separazione
se il tempo li generò e rese vivi
più di me.Dio, più del mio volo.
***
In attesa che l'amico torni
Tu non sai cosa sia la notte
sulla montagna
essere soli come la luna;
nè come sia dolce il colloquio
e l'attesa di qualcuno
mentre il vento appena vibra
alla porta socchiusa della cella.
Tu non sai cosa sia il silenzio
nè la gioia dell'usignolo
che canta, da solo nella notte;
quanto beata è la gratuità ,
il non appartenersi
ed essere solo
ed essere di tutti
e nessuno lo sa o ti crede.
Tu non sai
come spunta una gemma
a primavera, e come un fiore
parla a un altro fiore
e come un sospiro
è udito dalle stelle.
E poi ancora il silenzio
e la vertigine dei pensieri,
e poi nessun pensiero
nella lunga notte,
ma solo gioia
pienezza di gioia
d'abbracciare la terra intera;
e di pregare e cantare
ma dentro, in silenzio.
Tu non sai questa voglia
di danzare
solo nella notte
dentro la chiesa,
tua nave sul mare.
E la quiete dell'anima
e la discesa nelle profondità ,
e sentirti morire
di gioia
nella notte.

PIER LUIGI BACCHINI
Contemplazioni meccaniche e pneumatiche
[da "Atelier" n. 32, pagg. 100-101 - dicembre 2003]
* * *
Punto di riferimento
Lo specchio sfaccettato, e la cameriera
che roteava con lui, moltiplicata
nelle luci riflesse – sprazzi
come stelle – e il bicchiere della mia fantasia,
umiliata in un succo di pompelmo. All'esterno
la strada, auto
dietro i vetri, i passanti: non siamo
come siamo, da non crederci – estesi
più nella memoria e nel pensiero infinito
e nell'ansia amorosa,
che nel breve spazio. Urne
minime. Straniti
nell'osservarci da qui, simmetrici non simultanei,
con orologi atomici
tra moti astrali, velocità incrocianti, orbite nuove.
*
Nomi
Perché trovarsi nella solitudine disperatissima di viole
o di giunchiglie
e abbandonare questa città
col ricordo gioioso e protettivo
d'un sole meccanico che si riflette, e il frastuono,
i vetri ampi dei bus
rispecchianti facciate in movimento? E il daffare, i ristori
e i tavolini
come cimiteri già fioriti, che spuntano di bacche
e di sorrisi.
Gente che si ritrova
con memorie così lontane
da sembrare velari trasparenti.
I giorni dei viaggi, quei baci che si scambiano
tra monumenti
e i dipinti nelle gallerie.
Quando l'uomo ha scavato le cripte,
con le pietre enormi di sostegno e le colonne,
con i nomi dei pellegrini antichi nei muri
sotto una mano d'intonaco, allora si amano
le meditazioni,
soltanto allora, in quei luoghi. E le giunchiglie si amano
quando ci si accompagna e si ride
e si beve la bocca dell'altra – così il nome divino
si colora di noi, delle nostre essenze
profumate e artificiali. E' difficile scontrarsi
con la città di Dio
a tu per tu
con la sua robustezza selvaggia e l'inafferrabile grazia.
Le nostre anime
sono firme lasciate nel cielo, come i pellegrini,
che le affidano all'ampiezza affrescata
delle cupole e delle absidi.
Ma gli inganni degli uomini a poco a poco ci deludono
- le loro scaltrezze –
e alla fine ci annoiano, e la vita che si cerca
è solo la musica
i grandi cori sinfonici, e il risalire di un violino
e la memoria senza fine antica dei suoni.
***
Giordano Genghini
PENSIERI
Io penso al destino delle anime - a volte -
quando al corpo le strappa le unghie della morte.
Dove sono ora - chiedo - uomini e donne nati
che a milioni dal mondo se ne sono già andati?
Menti, affetti, parole cosa diventeranno?
Forse, esse ora ci parlano soltanto con il suono
del vento e delle foglie, o col rombo del tuono
guardandoci dai sogni che la notte ci dona...
Forse forme invisibili ma per sempre viventi
si aggirano fra i nostri corpi, lenti opachi e pesanti...
Forse lucente nebbia nasconde i loro volti...
Spero e credo che noi non saremo mai morti
quando noi moriremo, lasciando il mondo e il tempo.
Ma che cosa saranno le anime nel vento?
Ci sono giorni in cui a ciò penso, talvolta.
In altri giorni sempre penso alla vita morta.
Ezio Falcomer
ECCO, ADESSO
Ecco, adesso sono più leggero.
Se mi dici che ti lavo via tutto il sale,
se mi dici che con me sprofondi
in un sonno di pace,
se mi dici che leggi il nostro futuro
ogni giorno,
se mi dici che i fantasmi non hanno potere.
Ecco, sono più vero,
se il mio cuore si apre,
se il sapere è identico all'amare,
se con te sono pirata e bambino,
libero di mostrami stupido.
La sera è una conquista,
il silenzio del sussurro
nei petali di complicità,
nelle note che il tuo corpo rimanda
se toccato nell'immenso ascolto
del dimenticarmi di me.
Voglio viverli questi flutti
del dolore e del piacere
degli occhi tristi e luminosi
del variare delle stagioni.
Siamo tutto quello che viviamo
e abbiamo vissuto
tutto quello che non sappiamo
tutto quello che mangiamo insieme.
Ecco, adesso sono leggero.
CHELE D'AMORE
Sequele di aromi
umori estasiati
tutto mi porta
il vento di vita
un flutto sommerge
miei malati sapori
le chele del tempo
brezze sciupano e faville
al macero di gloria
di boria ostinata
ma non il cuore che ama
singulti di stupiti cantori
si diramano a radure
e l'amore è ormai
mio vizio e mia aria.
.
UN ACANTO, UN LICHENE
Un acanto, un lichene
e trasmutarsi in liriche di vento
come di savana
eccedere nel compiersi
di favola gitana
amare e dire
il rosso della sera
come folle
su abissi e sommità
raccontare
l'odore di gimcana
fra corolle di luce
e freddi baratri di inerme niente.
*
OLANZAPINA
Sbroda una plebaglia d'inconsulte forme
in licantropa frenesia
la giostra del mio cuore
vuole andare oltre
sempre e comunque
acuminato dente si conficca
a stridere il mio sonno
la notte per amica e la caccia
ad imprese urgenti
bulimia selvaggia
spiaggia di fuochi accesi
solo una molecola per limite
e la mia saggezza
di reduce di sbarchi e liquami
solo una molecola e sinfonie di pagine
e voci
joker da scena
puttana di lungo corso
briccone trickster
sopravvivere comunque
a ogni sghimbescio
a ogni perplesso sguardo
di suocere madri mogli
piccolo borghesi
di vilipesi padri suoceri
zeri di fallo, di ordine ossessi
azzerati e sorpresi
dal timballo del lessico
solo una molecola
e il combattere allo stremo
con la morte per amica
e una fica d'ossessione
e il miracolo di amore
e la luce
che ti invade alla fine
come un alzarsi d'aquilone.
https://www.facebook.com/RottamiDoroEzioFalcomer201012
*
Mi vive qualcosa
Fluttuano da lava e poltiglia
le luride e artistiche cose,
come una flebo mi trascorrono le ore
e i secoli.
Genoma che visita i figli dei figli.
Ignaro dei padri, degli avi.
Scricchiola ogni legno pestato nel bosco;
è tundra, è taiga
la strada del sogno migrante.
Accadono i fenomeni
fanfara di luci, suoni, fetori
e bancarelle del porto.
Mi vive qualcosa
che permesso non chiese.
*
Le foglie
L'anima tua mi abita
gialla,
senza tormento.
Come un manto,
le foglie
dei tuoi giorni
indugiano sul mio viso;
la tua gioia mi sveste
da rottami e chincaglie.
L'amore è questo gelato che mangio,
esposto alla tua luce,
che di meraviglia
sprimaccia il cuscino,
lo ingolfa
di emozione e di senso.
*
Scialo
Scialo, deduco, drago
sradico liquami da calme fiale
conduco gli squali ai moli
il bruco diafano che ami
candito lo riduco al tuo fiele.

TERESIO ZANINETTI
Non per nulla
tutti i fiori ritornano nel perimetro estatico
del cuore rimasto
sgranulando bocci d'orchidee e trifogli
Nel caldo mattino
solleviamo briciole
per palpiti senza respiro e ancorché deserto
il prato riavrà parole dovunque l'aria lo voglia
silenzio
di fate di prua
nei vuoti balconi
dove rasserena la dolce canzone
di rabbie e singhiozzi
silenzio
non un'anima fiati
il silenzio si scioglie nel gelo.
(Dicembre 1994)
Dalla Rivista GRANDE VETRO, Maggio '07
DUE POESIE DI FERRUCCIO BRUGNARO
ABBIAMO VISTO
Abbiamo visto e vissuto come il gelo
abbraccia l'erba di notte,
come il mare
addenta sempre le stesse baie.
Abbiamo visto e vissuto
ciò che altri uomini abborriscono
e altri ignorano. Abbiamo accettato
scalzi la neve, le giornate tristi
e interminabili e solo noi conoscemmo
il nevischio assiepato sui regoli
delle finestre, il sole trascinato via
di forza dal vento. Noi conoscemmo la luce
del silkenzio come nessuno, sentimmo come
nessun altro venire con la notte
l'amore degli astri e il cuore morire.
IO SOLO CON LA VITA
Abbandonatemi al buio
quanto più vi aggrada, allontanatemi isolatemi quanto vi fa piacere.
Io non vi dirò più nulla ormai,
il mio pensiero guarda solo all'amore:
con lui solo discorre
giorno e notte e va per la terra.
Sono un uomo, sono un uomo ora!
Il silenzio mi ha rivelato un camminamento segreto.
Il dolore
mi ha raccontato
cose grandi. Battete pure,
fate a piacimento.
Io sono con la vita
ormai
ho una vita tutta per me.
Poesie di Donatella Maino
Inferno
.
Eravamo a due passi dall'inferno,
viva carne al disgelo il nostro corpo.
l'amore ormai orfano d'intenti
ascolta il suono dell'anima dannata
mentre il sasso aspetta la sua croce
in quel desiderio di averti sul mio petto
già tronco alla compassione delle lame
arrotate dalle vecchie ossa
che saranno pulite dalla pioggia
quando la terra capovolta sarà il cielo.
.
*
.
Offertorio
.
S'eleva ad offertorio
il sole d'alba,
s'insinua nella bocca,
apre la gola a liturgie segrete,
un elogio alla negazone:
un gioco inquietante di volti
mangiati dalla notte, colpiti alle spalle
dalla mia disperata voglia di salvarli.
.
*
.
Venere
.
Ogni memoria regge
un figlio d'amante,
la sua lingua buca
la membrana
al cuore di Venere
.
Ah, il mondo degli interludi…
è mare gualcito, aria fibrosa
di poeta straniero
.
" sei bella "
e' che ciò che dice il tuono
nello squarcio di fuoco
dove si amano le tenebre.
.
Cammino piano piano
e con la mano spingo
la porta dura del granaio
ché sempre si moltiplica il verbo
a formare tocchi di pane.
.
*
.
Sentimentale
.
E' uno stato di grazia,
è un'apologia omerica
quando la tua voce diventa
organo dei bassi.fondi
che narra di poeti e muratori,
di pugili rotti al setto,
di donne possedute,
di te ricreato nel mio letto
con le tue esagerazioni
con la solennità episcopale
di un artigiano maledetto.
.
Ci siamo ammazzati
per il desiderio di vivere.
.
MICHELE PIOVANO
Da: "LA VITA E' APERTA"
Genesi Editrice, Torino, 2011
dalla sezione:
OLTRE IL CERCHIO
No, non mi bastano i contorni
incerti della polvere a demolire
pregiudizi trattative che lasciano
scorrere i giorni nell'indifferenza.
Forse col sogno respiro energia
nel gioco perenne delle invenzioni
restituendo al cuore la sua fantasia
se la vertigine sale.
Reale è soltanto la voce del vento
a risvegliare il pensiero,
tracciato a volo basso
che batte e ribatte nella mente.
*
Solstizio d'estate
Vorrei stringere la luce, ma quella
più che mai mi sfugge
e sempre più si addentra con tocco sicuro
nella caverna in cui le cellule
danzano e muoiono nel buio.
La stanca è nelle cose
vive o meno che mi ronzano intorno.
Il giorno estivo è da bersi fino in fondo
anche se in fondo al precipizio
agonizzano le idee chiare o indistinte.
Un colpo di artiglio e frana la tempia,
il frutto spiccato dall'albero
come ricordo di stagione.
Non so che dire del caldo silenzio
che m'insegue, ma a volte l'ombra
di un ramo si posa sulla mia spalla.
*
Guardo negli occhi il vicino
se l'abito si allarga e viva
è la voglia di conoscere. Avrà un senso
l'orizzonte che appare
senza direzione precisa? Buongiorno:
con un largo sorriso sgorga
il calore del giorno. Ora io sono quell'altro
che aspetta oltre la tenda.
*
Piccole vite vagabonde
a mia figlia
Sono piccole vite vagabonde
che lo sguardo coglie lungo il cammino.
Esistono chissà come e dove
vuole il gioco del destino,
come il fiore ai piedi della scala
che si nasconde agli empiti dell'aria.
Una voce lontana fa il cuore
incerto tra vento e quiete,
ma resiste il soffio impetuoso della vita,
nudo dolore e gioia
fino a quando odora il mattino
e l'ombra si nasconde fra gli alberi.
Ora le foglie indolenti si svegliano
alla cerca di un mondo che fluttua.
C'è una continuazione,
qualcosa continua oltre i cancelli,
qualche perplessità, forse solo percezioni,
come un volo di uccelli.
*
dalla sezione:
LE PULSIONI CONTINUANO
LA PAROLA COMPIUTA
Cielo sereno da cogliere come presagio
se risplendono le labbra
e l'aria calda dello stagno;
nell'orto si spiega la nuova insalata,
gli iris fioriti danzano
sopra le spade. E' il presente
che sgorga come efemera dall'acqua
quando giunge il soprassalto a farci vivere
e allora vorremmo la parola compiuta,
quasi un fittone di tarassaco,
così profonda da coprire gli altri linguaggi.
Tempo di vespe, di canti d'amore
che ronzano attraverso il fogliame
e nell'aria passa il rumore di una nuvola.
*
Bolle di sapone
Un amore sfiorito
nei prati della dimenticanza,
che torna con l'aroma di nuove visioni,
il consenso suona le sue corde,
l'energia della luna
bevuta dal cuore innamorato.
Oh, come tutto si può sorseggiare
lentamente in bocca.
Le stelle lanciano segnali
con il loro profondo sussurro,
e noi accendiamo e spegniamo la luce
dell'immaginazione, uno stare con le cose
che incantano l'oriente e l'occidente,
come una bolla di sapone.
*
Sosta in panchina
Qualche ricordo
rimane impresso sulla pelle
quando il verde cammina, il mattino
apre strade giornali
e le panchine ai giochi di stagione.
Tempo al tempo - la luce
viene crescendo come l'erba
lo sguardo svagato d'una ragazza,
da un cantico in gola conforme
all'aria che lo nutre.
Oh, la solitudine marcisce nell'ombra
fin che perdo l'esattezza della forma
il sogno che apre
e chiude le piaghe - i tratti del volto
gli ossi ostinati si distinguono appena.
Un po' di saggezza e l'amore
per la vita con le sue contraddizioni
mi seduce e confonde.
*
dalla sezione:
VICISSITUDINI
La vita è aperta
Un volto nuovo e la voce al citofono
galleggiano sul letto. Prima o poi
il magma si avventura nel cielo e noi
a cercare la musica che tracci la strada
dopo le macerie. Una gioia appesa
ai balconi fioriti e l'alfabeto
canta con accenti più giovani.
La vita è aperta
a inventare nuove prospettive.
Notazione di un attimo - qualche lettera
in stampatello barcolla sulla pagina
ma non si arrende, anzi,
di fronte al bene e al male
si arrampica in aria scompigliando i princìpi.
*
I passi della luna
E' tempo di fermenti
incuriositi più che mai
alle varie stranezze. E' lì la vita?
Il sorriso si è spento sulle pietre
e la luna va scivolando nell'ombra.
Scusa il ritardo per un fatto banale:
la notte si è appoggiata
a una finestra semiaperta.
A volte inseguo il cammino dell'acqua
lungo i tubi del muro,
i pesci blu a spasso con le stelle,
la neve che cade a pois,
due cavalli marini imbizzarriti.
Hai visto? si è incrinato il bicchiere
e cricchia il legno scollato del parquet
sotto i passi felpati della luna.
*
La cresta dell'onda
"Intorno a te si torceva la vita"
Cristina Sparagana
Il guizzo delle isole appare all'orizzonte,
il volo degli uccelli marini
sopra le vele srotolate.
Adesso il mare ha il colore del vento
che cigola dentro le sartie
e fa incerte le nostre speranze.
Tempo, dici, che affila i nostri corpi
rendendoli vigili e attenti.
Guarda come splende la voglia della vita,
ma la vita è scavata dalle ondate
e sembra che il bar cada di sotto.
L'acqua manda barbagli,
una foga leggera
a sostenere la marea che sale
sale fino a entrare nel porto
con disinvoltura. E' impossibile
fermarla - quanti flutti
levati si sfilacciano nell'aria.
<<<

EZIO FALCOMER
La poesia come rischio e tensione espressiva, vitalistica; rabbia, risata ed ebbrezza. La poesia come diario dello scacco e della perdita, diario di bordo nel naufragio di fronte al nihil e alla malattia. La poesia come canto dell'amore e dell'eros: selvaggio, pagano, orfano biblico o, più semplicemente, alla fine della tradizione. La vita picara raccoglie tre anni di percorso creativo ed esistenziale sviluppato attraverso il blog e nel dialogo e confronto con il lettore-commentatore.
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Ezio Falcomer è nato a Concordia Sagittaria (VE) nel 1962 e vive a Torino. Lavora come insegnante bibliotecario. E' scrittore ed attore.
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Da La vita picara
(Poesie 2007-2010)
Lanuvio RM
Narrativaepoesia
2010
E/Scatologica
Sull'asse della memoria
mi aggrappo
si stemperano gli arcani maggiori
ovipari di sensi e di storia
armigeri di eventi
pirofori di esistere in etere violaceo
di crepuscolo, come
prima di cadaverica baldoria
io, scoria di angeli
strame di miti di gloria
agli estremi bordi del Tempo
oh, restasse segno o runa
su questo sentiero
vivesse di me cuore o fremito
emaciato
su tumida e madida duna
come un resistere
a ossessa, febbrile fortuna.
Seta e agata
Come se tu fossi qui
a spellare con me
gamberoni e aromi di sguardi
come se tu non fossi andata via
su quelle rotaie di ignoto
parlare l'amore ancora, ballare
alla luce di mani
intrise di olio e tocchi yin e yang
rubare arcani e sillabe alla notte
con rabbia averci e stordimento di onde tenui
di fianchi parole respiri
inesprimibile labirinto di praterie
di seta cremisi e agata corniola
solo dita umide e attenzione
sentire il tuo acquoso gemito
il tuo vuoto
saturo di maestà rapace
di sete che rifiuta la paura del naufragio
di fame
che ama me
che mangio te
che mangi me.
Tu mi fai essere
Tu mi fai essere
cauto scavo nella tua voce
enigma tremore silenzio
sei creatura d'acqua
di sorriso
di nervosi refoli d'ombra.
Armageddon
Asce scorrono lungo i viali dell'anima
svaniscono i fenomeni
a scroscio si riversano le falangi
mischia bolgia omicidio
pallide scoliosi di sciacalli splendono all'alba
si ridestano fiamme di furia
tutto un cercare la luce
tutto un ritorcersi d'asfissia
delirio remoto d'angeli nel tunnel
la fatiscente sclerosi di un dio.
Stenti fatali
Cos'è che c'è
in questa spugna dov'è intrisa la vita
in questo sogno
in cui muoiono gli dei
ragnatele di eventi
amore dolore fetore
spazi di plasma
di braccia allargate
a trafiggere il vuoto
gambe sommerse fino al ginocchio
da un mistero di palude risucchiate
lancio il bengala sull'orizzonte
l'accolgono angeli fatali
amanti
di miasmi amori e di stenti
su questa pianura
che ha desiderio d'istanti.
Azzurri sensi
Azalee d'improvvisi bagliori
orti sarchiati d'azzurro
sussurrano gli immensi spazi
arazzi di silenzio
respiri d'assenzio
invasi di sensi mai sazi.
Lunare
Lunare,
chiedi amore
e scendi lungo un fiume di malinconia
labbra di pesca cantano perenne estate
fragranza di sorrisi caldi, nascosta
sotto timido feroce veleno
sogno i tuoi fianchi...
che ti porterei alla mia bocca
...e traversare il tuo deserto
di oasi lussureggiano.
Strusci e fotoni
Mi ammoscio su lungaggini d'orizzonte
scroscio pensieri e veleni
sfascio cartilagini e crisantemi
piscio lunatiche tossine
striscio ubriaco lungo muri di mattoni
struscio fianchi bisognosi di attenzioni
sciami le mie ore si gettano nel mare
origami di fotoni che si perdono nel dare.
Si diramano anfratti e segrete
Si diramano anfratti e segrete
nel canto del sogno
e luci e sonagliere delirano
ascolto i miei spiriti frinire
fiotti d'ira e di blu anelano al cielo
parto su scafo fenicio
l'Orsa e le Pleiadi mi guidano
e l'Oltre al centro del Qui
vi si appoggia chi muore ogni istante
rido ubriaco d'incoscienza
e di enciclopedica follia.
Notturno con mare
A che punto è la notte
questo calice non contiene tutto me
di stagione in stagione
varco ogni soglia
e dico addio
senza sponde dove consistere
esisto persisto e muto
camaleontica traversata
come un dramma senza esito finale
come clown che schiamazza per la via
ai bordi di un mare saturo di ciclone
vi balugina il canto degli arcipelaghi di sogno.
Spasimano
Spasimano le spettinate onde di papaveri
vento e luce si inabissano su gialle spighe
aria solo aria
e la notte per guarire
si elidono dai rami fiori e frutti
spauriti
per l'ignoto.
Giostra
Scalfisci diafana malinconia
nei riverberi dei tuoi vortici
centrifuga ebbrezza
in spirale l'anima si avvita
seta di schegge precipita
si deformano cavalli e figure
come fuga a favola di risa
prosciuga ogni pensiero
la sarabanda delle tue luci.
Ho tra le mani pochi attrezzi
Ho tra le mani pochi attrezzi
romanzi di avventure altrui
sapori di mie spiagge e periferie
sangue e lacrime anche non piovute
e l'incognito domani da disegnare
so essere intero nel frammento ma
muoio ogni istante da quando son nato
assaporo quand'è il momento
spuma che ritorna all'onda
fragilità che non ha perché.
Brume al di qua del sole
Il sogno
Brume al di qua del sole
echi di larve o dei
mi abitano
non invitati
dipingono alfabeto remoto
e bevo le immagini
oscuro sussurro
o voluttuoso giardino
ambrosia o assenzio
d'ignoto.
Piovasco strenuo
Piovasco strenuo
mi schieno su vetrina
aspiro e fumo.
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Da La vita picara
(Poesie 2007-2010)
Lanuvio RM
Narrativaepoesia
2010
Escrescenze di nodi
Escrescenze di nodi
delitti di un osare innocente
allo specchio sto
fievoli fantasmi di emozioni
tralucono
celiano di bruciori inghiottiti
irreversibili ferite
il passato è solo nella mente
vorrei dire, ma
cos'è questa viscera che non tace
cappio e catena
retribuzione di un vivere
che solo voleva andare
come spavaldo e sereno giocare
bambino che non voleva dormire.
Homenaje
S'assiepano rodei di odori africi tuoi
lungo i vicoli della mia anima
ed entro viscere che si consacrano a te
divina
con la lingua trascorrerò i tuoi petali
a bere le gocce di rugiada
che sanno di muschio e mare.
Aetos
Vorrei un giorno di refoli di luce
d'azzurri spasimi di niente
e planare su nuvole
gonfie d'elettrico e d'immenso
aquila
dominare cime e urli di baratri
con occhi che sanno
l'orrore e la bellezza
della storia
berlo, il calice
come un andare a scontro di schiere
a bolgia
di furia ed amore
a dolore attraversato
e vedere.
Anastasis ton nekron
Sono stato cadavere per secoli
ora canto alla luce di una stella
mannara e serafina
vidi gli abeti sussultare
su crosta lavica
licheni contorcersi
aspidi infami
su pianure di fuoco
e di polveri solitarie
lamenti di cavità viscerali
budelli di ululati
orchidee di apprensioni giallospeziate
setose lacrime
che non riuscivano ad annegare
nei torrenti della vita
avida ed incosciente.
Lejos
Come un lupo mi aggiro
nella notte
saturo di coscienza
nell'attesa di spegnermi
e separarmi da figure parole eventi
dove sono i tuoi fianchi?
felice la mano
si poserebbe
lieve
calda neve
sui tuoi colli addormentati
moriria feliz
a tu lado
mi amor.
Ebbro Ebro
Con questa camicia nera
sfondando vetrine di ovvietà
piogge fangose
sui miei bracieri di anarchia
ho camminato il mio miglio verde
per averti al prezzo
di un'elegia di luce e sinastria
senza di te non sono nulla
nell'uragano rigurgito sangue
e matricidi di civiltà andate
il mio vincolo è un tatuaggio
sull'odore della tua pelle
krishnamurti al kamasutra
del tuo incanto di fata celtica
piovuta su una terra
di silenzi e tori
sacrificati.
Sequestro
Ti ho sequestrata tra nevi e paludi
il vento mi diceva il tuo segreto
e cantava la tua vita amara
ignara di me.
Ti ho come perla
libera
che sfugge a consuetudine.
Ti ho come magia
gettata da un'onda
sulla riva della mia insipienza
stupido e stupito ti ho
e non ti ho mai del tutto.
Sei canto di ninfa
barbara e trasparente
fragile agli istinti
sei nenia ipnotica che ci si porta dentro
inquieta favola che cura e ammala
che regala incanti.
Saltimbanco
Che ansimare equivoco
è il canto che sale
da muffe e licheni
come strana salmodia
manto di emblemi
s'innalza da terra amara
io respiro fra nevi
per secoli di attimi
testardo, intimo al sole
sempre
nuove gocce di speranza
e mi contorco alla luce nuova
mattino che riannoda parole e amori:
saltimbanco sospeso
fra il male e la gioia
in gola l'urlo bambino
che domanda, come seme o spora,
sfrontato rigoglio continuo
ancora e ancora...
Sei bella miracolo di gheparda
Sei bella miracolo di gheparda,
scabra luce in fondo alla notte;
melmosa calda alga sei;
frecce le mie mani
ti inebriano, strette,
morbida albicocca.
Di febbre licantropa e criminale
oltraggio sepali tuoi,
irragionevole dettame d'amore,
mentre
in languido afrore marcisco
di lotta d'eroi,
errando in tuo aroma,
tempesta che involve
mia lurida anima
dannata.
Sei stella che ride e s'attarda
sul cuore mio che attinse alla notte.
Alma falena, le tue mani
tracce lasciano su me,
diroccato da arsura felice
di te.
Si addice
il miracolo che al deserto mio
s'attarda.
Succubi d'amore
La tua carne, infinita domanda
dove si placa il caso,
il possibile mio non esserci.
E il soffio della tua anima
è il mio esserci nell'avvolgerti,
donna di brivido e di mistero;
riempio nell'amarti
il possibile tuo non esserci.
Perderci nel donarci,
ascoltare la pioggia,
succubi dello stringerci
e dell'amarci.
Come un respiro
Come un respiro mi ritorni
alle ore di gocce e miele
sentirti in emozione e pensieri
averti sfuggente e acuta
in cuore
come orizzonte di gabbiano
ascoltarti nel volare comune
mangiare e mangiarti
i tuoi sonni proteggere
folle cerbiatta
di ansimi e graffi
penetrante liquore.
Un acanto, un lichene
Un acanto, un lichene
e trasmutarsi in liriche di vento
come di savana
eccedere nel compiersi
di favola gitana
amare e dire
il rosso della sera
come folle
su abissi e sommità
raccontare
l'odore di gimcana
fra corolle di luce
e freddi baratri di inerme niente.
Le sere che
Le sere che
pallidi i convolvoli
esclamano smeralda follia
si tingono i cuori
di un indaco serico
e madido amaranto
mi scorre
nel tacito grido
che anela
speziati cobalti d'ignoto.
Panismi
Sono ubriaco del tuo odore
nel dolore del tuo non esserci
mordo il mio canto pallido
e spasimo in sogno le tue carni
come gangetico tramonto
selene cananea
io strame d'angeli
dal mio deserto rosso
pastore di ade
risata e urlo di fetida foresta
t'assalgo in vampiriasi
di nenie per zufolo e crotalo
sei il mio centro
ti scuoto mea domina mio giogo
ti rovescio a estatico mistero
di respiri di maglio.
Anima predata
Se ti dài irrorata dai miei sguardi
straluma la mia anima predata
della ritirata brucio i ponti
alla lotta vado
con riso d'orgia commediata
al caos
e alla bolgia di sapori e silenzi e assensi
che mi trafigge
un'isola è ciò che vedo
(naufrago)
di polpe petali e battigie di sogno la sera
mormorio di schiume
galassie roteanti
su incroci di fiati
feroci.
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GIORDANO GENGHINI
I.
Distesa sul mio cuore, l'anima mia respira.
Sul volto della foglia risplende l'universo.
Rapita dentro il corpo, attraverso lo sguardo,
la luce immaginata crea ricami e colori.
Rivestito dal mondo, cinto dagli orizzonti,
l'alto soffio del sole fiorisce in cieli d'erbe.
Lo scoiattolo-nube gioca fra i verdi monti.
II.
Mille stelle in una bolla:
in un'ala di farfalla
vasti cieli di velluto.
Le galassie sono neve
e la luna è un fiocco lieve
nella tenue luce gialla.
Gemma d'anima rampolla
dentro il corpo che la culla.
FABIO GRECO
Notte si fa in me
più chiara
limpida del giorno.
A breve farà eco
un silenzio solo mio.
Nella quiete emerga
una distanza che almeno
d'illusione mi sazi.
Preda è l'anima ferita
più secca, nera di dolore.
*
Ogni volta
Ti ritrovavo
seduta su scale
di sale, il mare
fra morbide labbra
posava la linfa
ed esuli zattere
gemevano smarrite
nel silenzio
delle tue braccia.
ANDREA CROSTELLI
Ad Antonio Santinelli
L'onda, respiro del mare.
Soffiavano dalle nari i tuoi cavalli
un forte attaccamento alla terra,
un forte respiro di vento.
Voleva esser pieno il tuo passo
del giallo frumento verità,
dorato segreto dell'arte
a piccoli sorsi donato.
Appesa ai tuoi occhi e frapposta
l'atroce meridiana del tempo
fissava l'ora senza nome,
priva di sole e fughe d'ombra,
la somma di tutte le ombre.
Oggi guardo il pulviscolo dorato
nella fascia di luce: moscerini
in sospensione: catalessi del corpo
dell'arte, e penso a te, amico caro,
mentre passi ancora fra le nuvole
e sposti l'aria dei miei pensieri,
a te che mi gridasti aiuto senza voce…
riprendo a cavalcare in groppa
al tuo cavallo con la tua forza
in corpo, dopo che, per un attimo,
il tuo passo si fermò, il mare
ritrasse il suo respiro
e fu la secca.
Da: "IL CONTENITORE DELLE NUVOLE" - 2001
Circolo Culturale La Gioconda - Ostra (AN)-
LA MUMMIA
La mummia del mondo
non può ascoltarti,
sei per lei
ciò che è lei:
un organo senza fiato.
Le giri intorno,
cerchi una fessura
... occhi persi
dal grande dolore...
la cantilena del delirio
è fumo che non si posa.
*
VASTITA'
Il trapezio della luna
è un disco volante,
sul rettangolo azzurro
colpisce di luce la piccola sfera,
al ritmo di ping pong
le risate nella vallata
sono il tuono sangue del cocomero,
la gracchiante eco dei corvi.
Solitario
voli airone
al tuo nido di polvere,
congelati occhi
ti troveranno mai
Sul treno della luna i vagoni delle nubi.
*
ARMONIA
Mi cala la notte sulle spalle
il pesante mantello oscurità,
pensante paroliere al leggio
sfoglia veloce libro di parole
sulla bocca del silenzio.
L'arma in più
è l'estasiante sorriso.
*
SEGRETI...
Vero ufo
spia accesa, il Sole,
scopre segreti al sorgere,
arrossisce il tuo sguardo,
timido ti volti,
ombra che tradisce
l'anima svuotata
*
VENTO CIPRESSO
Il vento cipresso
spiraliforme nuvola,
cuscino spiumato
ventaglio carezzevole,
dormitorio perenne
pacificato spirito.
*
LA RETE
Il letto del poeta
è un fiume adagiato di parole
dove scorrono i nostri sogni:
pesci che di tanto in tanto
saltellano al di fuori
all'aria fossile:
imprimatur versi
la cattura immortale
del pescatore.
*
"CARTA BIANCA"
A Plinio Acquabona
e alla sua poesia
Non sempre
così felicemente sera,
sciogliere grumi di poesia
nelle mie vene.
Esse son lì,
a gridare solo d'esser prese,
parole di sangue universale.
Spazio in "carta bianca"
l'invenzione e l'ecclimetro
succhia al poeta.
*
FIAMMATA
Spandermi fumo
mentre l'azzurro si spegne
e arde coniato il mar rosso.
Odoro già di cenere,
vedo consumarsi
il braciere della mia esistenza.
Dondolo vuoto in cielo
ascoltandomi sereno.
*
L'ATTO
L'amore è lasciarsi
succhiare il sangue,
è un atto di farfalla
che si posa lievemente
sulle spalle dell'Infinito.
*
L'ENERGIA CHE EMERGE
Il bosco dei frati
muove il suo cappuccio stasera,
come dentro una conchiglia
tutto il respiro del mare in tempesta.
Ma non c'è inquietudine
in questa mia Pasqua,
landa di rassegnazione.
Io gorgo torbido d'un fiume
col collo radar di struzzo
rifiato dal mio circolo senza uscite.
La fede è l'energia che emerge
per camminare sulle acque,
passare a porte chiuse,
aleggiare da risorti in cielo.
* * *
Da: "DENTRO OCEANI"
(poesie e pitture per la Mostra
tenutasi a Belvedere Ostrense nel luglio 2008)
Oscuramento
Quanto mi spegnerei facilmente qui
all'ombra riarsa di un sole tagliente
alla memoria lugubre di un epitaffio immemore
quanto mi spegnerei facilmente qui
dietro il vetro che scompone il mondo
e ne clicca il suono oltre il suo sigillo
Loro son là per la strada maestra
e io di qua chiamo il mio maestro
che non arriva se non nella raccomandata di esistere.
*
Il ratto
Su questa carrozza dondolante
i cavalli, spossati, a volte si riposani,
sempre all'erta al morso del serpente,
alla rapina del fuorilegge.
Tutto ciò è il mare la nave le vele,
i tentacoli della piovra e gli agguati dei pescecani:
Terribili ansie a chi cavalca le onde,
insidie nascondono le acque
mostri per chi non può vedere.
Non gioca a carte scoperte l'Oceano,
luccicante il dorso che svia il tuo sguardo
pensi "adesso bara" e bara si fa paura.
Dubbi sulla sconfinata limpida onestà,
sincerità trasparente che non ha facce
se non la tua che vi riflette
l'anima sperduta inconsolabile dell'uomo.
*
Io sono sempre altrove
1
Ho ribaltato le mie case
e le mie cose in mare
lo faccio ormai da quarant'anni
ogni mattina quando mi guardo allo specchio
e vedo il vuoto più assoluto
piombarmi addosso
naufrago di me stesso
e della malattia che mi porto appresso:
l'ancora delle mie pazzie
gettata nell'universo senza suolo
2
Sbatto le palpebre
che si riaprono
nel nulla è cambiato
la mano del mondo
non sa dove sono
e non può afferrarmi
sono invisibile
come palpebre mute
che fanno meno rumore
e ancora meno presenza
della quercia che pensa...
io sono sempre altrove
3
Inoltrato dal silenzio
nel mare può vogare
il mio verso,
suono di bassa frequenza
ecoscandaglio di balena
parole viaggiano a lungo
sotto il braccio del mare...
... e il mare
sfoglia libri...
intanto smemorato
il mio viaggio
porta me altrove
senza rileggermi
*
Da "PAESI DI MARE"
Circolo Culturale La Gioconda - Ostra
Tecnostampa Edizioni, 2008
11 novembre 2007
Concentrato
su una gamba sola
come un fenicottero
raggiungo
stasi ed estasi
e perdo così
anche l'ultimo appoggio
mentre la mente
porta lontano
nel giorno che fugge
dal corpo
e il corpo alleggerito
lievita sospeso
galleggia a mezz'aria
improvviso s'impenna
mette le ali e insegue
la mente già lontana
per riaccorparsi a lei
accettando l'eccezione
della gravitazione
al posto del consueto
toccare piedi a terra
*
Provvidenza
Sembra allentarsi intorno
il foro dei chiodi delle stelle
ma non v'è pericolo che cadano
oltre il mare che le accoglie
con il suo salvagente
resteranno a galla
oscillando ancor più nel loro tremore
ricordando il mio spalpebrare
muto e sperduto
così anche i miei quadri
protetti dalle ali degli angeli
non si staccheranno dalle pareti
* * *
Andrea Crostelli è nato nel 1963 ad Ostra, dove vive e lavora.
Collabora con diverse case editrici come illustratore,
fumettista, critico artistico-letterario. Espone le sue opere
in Italia e all'estero. Ha pubblicato varie raccolte di poesie, e
l'opera per cui ha ottenuto lusinghieri consensi dalla critica,
"Nei Mari di Melville" (Moby Dick, 2004).

Afrodite - William Adolphe Bourguereau
TERENZIO FORMENTI
ha iniziato il suo viaggio nell'infinito
sabato 25 aprile 2009
[Poeta, psicodrammatista, psicoterapeuta, "persona attenta ai sogni,
alle immagini, alla fantasia, alla natura, alla vita" -
col quale ho avuto una breve corrispondenza alcuni anni fa, in occasione della
mia partecipazione alle "gocce di rugiada" (dewdrops) tradotte in molte lingue.
Bresciano, aveva 86 anni .]
"mi farò una casa nel vento"
mi farò
una casa nel vento
giocherò
con le nubi
mi poserò
sul vecchio baobab
mi confonderò
con la sabbia del deserto
fischierò
fra le rocce
canzoni d'amore
e
finalmente stanco
adagiato sulle onde
mi lascerò cullare...
dolcemente
*
IO SONO L'ARCOBALENO DELLA NOTTE
a Paola
Io sono l'arcobaleno della notte
nato dalle tenebre in questa sera di magia
mi chiederete quali sono i miei colori
chiudete gli occhi e li vedrete
sono il pianto di un bimbo nella notte
la luce negli occhi di due innamorati che si cercano nel buio
i sospiri i sussurri i baci di un incontro d'amore
un fuoco d'artificio che nasce dal buio e muore nel buio
sulle rive di un lago in una notte di festa
sono gli occhi di una tigre in amore che bramisce nella giungla
le luci di Broadway e di Chinatown
gli occhi di un gatto
che miagola alle stelle sul tetto di una baita
una falce di luna
che taglia la segala in un prato di montagna
gli occhi di una volpe
che ha deciso che questa notte non ammazzerà
gli occhi di una lepre
che rassicurata bruca l'erba di un prato tenero
i palpiti di luce di una lucciola
che cerca la sua compagna fra i cespugli
sono i fantasmi e i folletti buoni
che compongono i sogni della notte
uno gnomo
che gioca a nascondino con le sue immagini
la serenata di un grillo del focolare
un fuoco fatuo
che illumina le paure di un viandante
le favole di un nonnino
narrate alla luce dei tizzoni ardenti
un vulcano
che proietta nel cielo i suoi lapilli di gioia
il pianto di stelle della notte di San Lorenzo
sono un piccolo uomo
ma sono anche
l'arcobaleno di questa notte di magia
un frammento di infinito
Terenzio Formenti
per maggiori informazioni vai sul suo sito:
www.terenzioformenti.com
CORRISPONDENZE
SEBASTIANO AGLIECO
FRAMMENTI DELLA VOCE
Come un canto si sprigiona la sera
dai tuoi occhi
e in questo istante accetto di parlarti
verso la notte non c'è vento, né aria
solo attesa
perché il silenzio non dice che silenzio
e mi stupisco se il nome ancora chiedi
il tempo, l'ora, e ti dimentichi
che nulla ti può atterrire gli occhi
l'anima di colpo guarisce
quando ad un tratto dispare il riflesso della luce
Quanto ancora ti porti del mio sangue alla deriva?
dove tu attingevi scorre un fiume eterno di malinconia
ferita che sempre nutre le diaspore
a fondo devi scavare per trovare la sorgiva del tuo cuore
lì disseterai le solitudini
e spogliato dei tuoi amori, infine
ti disseccherai
Sempre il limite della tua terra varcherai
e ti parrà il ritorno sempre una partenza
e la partenza ti parrà sempre un ritorno
perché a lungo cercato sempre troverai
perché a lungo trovato sempre dovrai cercare
Non c'è niente che non abbia in sé un seme
e allora non chiedere l'origine e la fine
ma passa oltre e guarda dentro l'abisso
protenditi, e vedrai la tua vita
che ritorna dalle larvate strade
e la riconoscerai, come intatta
alla vista di un tremante colore
Quello che chiami ritmo
è un vuoto formicolante che si mostra in tratti
isole pulsanti dai confini calmi
o tumultuose prevaricazioni del respiro
io sono la forma della voce che sempre invochi
io sono, altro non posso dirti se non descriverti
questo esistere nostro in un ritmo più grande
ombra nella luce in cui respiro
luce nell'ombra in cui sono respirata
[dalla raccolta: "Poesie per la riconciliazione"]
*
GIUSEPPE GORLANI
SE VOLESSI
Potresti, se volessi,
togliere ombre dalle pareti delle case
tornare al pozzo cui s'abbevera la vita.
Se i tuoi pochi anni non annaspassero
distratti
in melmosi cortili senza cielo
ove s'assommano parole vuote,
potresti evocare cherubini e dèi,
comprendere la sapienza apofatica
dell'Areopagita
e rinascere nella quiete viva del cuore.
Ma ad abbracci d'innocenza
ti rifiuti.
Nelle orecchie trattieni seduzioni
striscianti
e in utopie televisive affoghi
a poco a poco.
Potresti sul nulla dei miraggi soffiare
con gote d'oro,
il mondo ricordare degli antichi eroi,
risalire al Principio,
spaziare sul mondo.
Potresti raccogliere l'amore
con mani sicure
e benedire
libero da pesi e fatiche.
Realizzare il Bene potresti se volessi,
ma non vuoi
ed innalzi inni alla materia,
inventi dicotomie, catene, muri, distanze,
tempo, evoluzione, antenati scimmie:
paludi nelle quali spegnere la fiamma
che Dio pose preziosa in te,
sua emanazione diretta,
l'Uomo.
*
MARCO MERLIN
Se ti dicessi
che ho ormai gustato tutta la mia vita
e il futuro mi è padre
diresti ch'è superbia, crederesti
di capire. Ma so vedere anch'io nel cieco
riflusso del millennio
l'alba del Quinto Giorno.
Quello che non comprendi
è l'oceano saturo di sale
nella goccia sorgiva,
è la piaga che ride sul mio volto.
L'ANGELO - LA MIA SORTE
I
Sia benedetta ogni strada, ogni voce
ascoltata
-se unica è la meta
Ma lasciatemi su queste rovine
a cercare la verità morente
il dubbio che ci libera. Io non sono
l'eroe che chiude nel pugno il passato
e punta le pupille dentro il sole
Io non posso , il mio destino è qui, in qualche
libro già letto,
in un balocco rotto
o in un nome troppo semplice, tradito
a dovere nel figlio
dal padre, come un amore irredento
Il mio viaggio profonda
questo tempo, il futuro
preme dietro le spalle.
In un vagito l'angelo
mi chiama sotto i sassi,
impetra l'obbedienza
l'abbandono
II
Comprendo bene
quale condanna dobbiamo scontare
trovare un nuovo
angolo di silenzio,
tornare a dire a sollevare al cielo
macigni di parole
e lasciarli ricadere su noi
Affondare le mani nella piaga
Ogni altra cosa
(anche la sapienza
anche la sapienza)
viene dalla paura.
La mia sorte è legare in ogni gesto
follia e umiltà
*
EMANUELE ROZZONI
(Lethe)
Sei acrocori e piane e bacini
strapiombi fiordi di mare
impazzito e rade profonde
scaglie di rame inverdito.
Nero orifizio dirupo scivoloso
per dove piombo a precipizio
m'inabisso, dal tuo lethe oblioso
sgravato riemergendo
stranito.
*
L'acqua, il vento posa
tace il piovasco venuto
iroso a rimbrottarmi.
Sorridi, e ti si increspa il viso.
Conosco la smorfia gentile
non condanna, sentenza
(dicono che qui finisca l'estate)
senza assoluzione.
Spiove, salgo le scale
(pure già tarda l'autunno a venire).
D'altro che resta? Guardarsi le mani,
aspettare, chiedersi cosa faremo
domani. Rispondersi è meglio dormire.

POETI SEGNALATI DAL PROFESSOR
GIORDANO GENGHINI (MONZA)
tramite i circuiti postali della "xeropoesia"
negli anni '80-'90
TRE POESIE DI VICO PIAZZA
1.
Standoti vicino, seduto così ad osservare
alberi, case rare, viadotti passare o restare
la giusta lunghezza della vita apprendo
in quest'ora meridiana d'ombre
corte come punte d'insetti, d'ombre
che nulla hanno di vita.
"Perché ci hai lasciati?"
"Viaggio ora solitario, so
che niente vale
ciò che mi attende".
Poi si interruppe - o così io credetti -
insieme cercammo la stazione. La radio
gracchiando francese, arabo, fischiava
gemendo. Vedi quel punto vuoto,
quel silenzio che ora temiamo
spostando - a dispetto della morte
che incombe - inutili le ore
ora, amandovi ora
poche sagome scorgo: la mia
le vostre riconosco.
2.
Non so descriverti
che per somma di cenni
(tralasci di assecondare il mio sguardo).
Ti aspetto
contando i minuti,
i secondi, mi accorgo
ch'eri tu la prima
a dover pazientare.
3.
Il volo trancia l'azzurro
lo incolora e srotola la strada
il nodo della tua venuta. Dicevi:
"Ciò che tu vuoi" - un'altra volta -
ed era un'arida ventata di scirocco.
L'ombra si leva agli angoli
solo un abile gioco di riflessi
metteva luce. Ma da te non traluce
alcun possibile nulla: era la tua mano
un segno, un pegno
senza proporzione essere
in quella sufficienza di perdono.
*
LUIGI GERARDO COLOMBO
DIES ILLA
Dio distrusse la morte
creando egli stesso la morte:
ogni giorno
costretto a vivere
per destino o miracolo
l'uomo si prepara la sua distruzione.
In un'ora destinata
a sua insaputa
si ritroverà
svestito della sindone
dei suoi rimorsi divoranti
destato dai suoni
delle tube angelicate
per risorgere
dai rimorsi devastatori
completamente trasfigurato
in un corpo uguale e diverso.
Gli specchi andranno in frantumi
gli enigmi sveleranno ogni segreto
in una nudità abbagliante
finalmente sottratta
al crollo strepitoso dello spazio
e al franare irresistibile del tempo.
*
CROCIFISSO
Non un fremito di pietà
viene dalla tua pupilla
alla mia anima in tumulto
ma il consenso accorato e costante
della tua mortale compostezza.
Nessun segno di stupore
né di rimprovero
nel tuo viso
che si china
in un bisogno di abbandono
sulla spalla destra
che è quanto di te
rimane da accarezzare.
Il tuo sguardo si rifugia
sotto le palpebre
e quando vorrei farmi forza
per avvertirne il tremito mi sento sospingere
ineluttabilmente
sul tuo cuore squarciato
per respirare
un alito
in cui si accordano
il tremito delle mie labbra
e il pulsare delle tue vene.
*
ACQUAMARINA
PER LA MANUTENZIONE DELLA VITA
MICHELE ARCANGELO FIRINU
Il mattino ti viene incontro, latteo,
adorno degli argentei ghirigori ricamati
coi fili di bave di lumache.
Ti ci vorrà quasi mezzo secolo
perché tu gli dedichi l'inchino
di quattro fili di erbe.
Il flusso delle ore verso di me si curva, radioso,
con deferenza.
Me ne infischio degli inchiostri più celebri:
io posso intingere il mio sguardo
nell'acquamarina delle mia mente.
Io sono obiquo,
se qui mi avvolgo e vado
in un saio di luce.
*
"HAIKU OCCIDENTALI"
composti durante un "Esercizio di Scrittura Creativa"
nell'Istituto 2E dell'Istituto Tecnico MOSE' BIANCHI di Monza
La morte
è un lenzuolo bianco
nel deserto in delirio.
(non firmato)
*
Vedemmo in loro
fitta la morte.
Tornammo a sentirci isole.
(non firmato)
*
Sospesa sopra il mondo
l'anima disperata vide
il suo corpo scomparire.
(Alessandro De Marco)
*
La via del sonno:
un fiume di ricordi che mi porta via
senza ritorno.
(Hu Bing Kiu)
*
Nel deserto era scesa
la mia colomba, stanca:
un lieve sogno nella sera bianca.
(Giordano Genghini - Insegnante)
*
PIERLUIGI PANZA
BENIAMINO
con gli occhi afflitti e con un pianto rotto
io sento come tu Beniamino
nel gravido convitto della notte
singhiozzi la speranza di un destino.
Tu che non morto voli un vento
che non è più dell'aria tu che non sei che aria
ma piangi a un respiro che può del tempo
cerchi un cercine di stracci nel cuore
un volto per volgerti ai vivi.
Oh! il tuo volto mi fa paura
mi fa paura il tuo viso furtivo
perché qui nel nido è già sera.
Ma ora che l'oscuro discende
e la regina si benda le ciglia
ma ora che la luna s'accende
e l'uncino arrotonda il suo taglio
tu chiara gora d'acqua
sorgi qual vento nel tondo del mio orto
e dall'urna per cui io giacqui
levati improvvisa nell'aria incerta.
O forse senza che ti veda
guarda fuori guarda la terra sotto
e senza che tu accada
rischiarati di te che non sai tutto
di te piangendo brilla
di te brillando piange
che già grave nel grembo della stalla
seppi di te che dentro ti raggiungo
e sono in te sono te... E già temo
che t'avrò tra il mio orrore
paura tra le paure e celato
ti conserverò tra il tremore e il dolore
di sempre.
[dalla rivista "il bagordo", anni '80]
*
MARIO TUCCI
STANZE SPARSE
Così ha pur fine l'inverno
l'ombra del cortile si addensa
dalla corte dei gatti innamorati sfuma
lo stupefatto febbraio. Ora che
m'è dato in tua memoria censire il mio tempo
e gli anni che ti ho attesa gli amici
mandano cartoline illustrate cartoline mandano
dalle frontiere dell'Ovest
da costole di azzurre periferie.
Thank you for a fine real time,
ma l'inverno ha graffiato
le strade di un tempo ha spento il lampione un sasso
prima che l'alba sorgesse dai bordi d'una
luna dimezzata; una tortora si schianta
nella barriera dell'ombra
si schianta a un segnale d'amore.
Parte di te mi chiama
dalla tromba di Satchmo per la campagna brulla
per filari indistinti per viottoli di bruma
quando la curva a un tratto si para davanti
e il prima di esistere salda un futuro
allo stridore dei freni al gioco dei piedi alla
scheggia di un brivido venuto da lontano.
***
L'erba nera della penombra
è un teatro inabitato affonda
nel silenzio delle tue ciglia nel sordo
mormorio della pioggia.
***
Ma vinta dall'ombra del prisma e del poi
una città riemerge dai campi dei papaveri
tra spiragli di nomi da ricomporre
verso le dune della sera
nella luna ridotta a sogno
oscilla lentamente dall' humus primordiale
d'una colomba morta.
Vira al rosso l'attesa della notte
alla prova del volo
voci distratte un suono
basta a scomporre ciò che non siamo
da ciò che non fummo per tutto
ciò che possiamo di nuovo gridare
mentre tubano allegre le tortore
e tu aspetti invano che il sonno
cancelli le tue impronte.
[da un numero del periodico letterario "il bagordo"]
Alfonso Gatto
Lettera non spedita
Albero chiuso in tutta la mia sera,
vento calmo di stelle ramo a ramo
compiuto nelle sillabe di un nome
che mi risponde se a tacerlo chiamo,
e tu, sempre lontana dalle chiome
della limpida notte, fresca nera
povera meraviglia del creato.
Amor che a suggello di ogni cosa
incide il segno della mano piena,
nel mio triste contento con me solo
per sempre resterò --fermo nel volo
che mai si leva -- a chiedere che il male
dell'offesa vivente mi sia vivo.
Albero chiuso in tutto il mio passato
e nel gesto perenne remissivo,
ch'io mai ritorni, o cara, a dire morta,
la mia pietà, la breve gioia porta
notizie, brucia, ma la lunga pena
trattiene le sue mani, ancòra prova
nel dirti addio una parola nuova.

Alessia D'Errigo
Si dipinse la blasfemia dei giorni, il panciotto inciambellato
di ogni forma prese a volare, del resto, come i sognatori
e le unghie effimere del giorno seppellirono appena
l'oscurità reciproca del canto, la carità che fa vero pure il mare
agli occhi degli stolti. Dio ci sia in lode, quanto le fronde
di questo autunno gelate e secche da innumerevoli ammanchi,
si rifocillino pure di carne e neve, così, com'è la terra
nell'affrontare l'acqua e l'aria, così com'è l'uomo
nell'affrontare l'ombra e le pietre. Dio ci sia in lode!
C'è ancora tanto verde in giro e il gregge è ancora accosciato
da prendersi cura l'un l'altro, bruscamente, delle stagioni.
Ezra Pound
Histrion
Nessuno mai osò scrivere questo,
ma io so come le anime dei grandi
talvolta dimorano in noi,
e in esse fusi non siamo che
il riflesso di queste anime.
Così son Dante per un po' e sono
un certo Francois Villon, ladro poeta
o sono chi per santità nominare
farebbe blasfemo il mio nome;
un attimo e la fiamma muore.
Come nel centro nostro ardesse una sfera
trasparente oro fuso, il nostro 'Io'
e in questa qualche forma s'infonde:
Cristo o Giovanni o il Fiorentino;
e poi che ogni forma imposta
radia il chiaro della sfera,
noi cessiamo dall'essere allora
e i maestri delle nostre anime perdurano.
Raffaele Piazza
"Tesse una musica"
Tesse una musica il marino
fluire senza tempo, l'onda verde
che trasparente vola nella forma
di donna, di conchiglia che scolora
sulla spiaggia dalle felici trame
dove nella tua notte posi l'ombra
tra la sabbia dei passi che riveli
un moto precedente di parole
presunto tra l'argento che ti sfiora
di una luna a pochi tiri
di sasso levigato dall'attesa.
Flavio Almerighi
essere
essere treno d'ossa,
fiducioso aspetto un segno e uscire
dal mezzo di una stazione sognante
immersa emersa in mille soste estive,
tante volte una voce assonnata
annuncia partenza e liberazione
poi in sequenza muore,
senza lasciarmi andare
mai
Maria Grazia Calandrone
Una poesia-sudario per Genova 14 agosto 2018
Il sudario si chiama sudario
perché assorbe gli umori
dei morti. Viene deposto
sul volto, per nascondere allo sguardo dei vivi
il lavorio della morte
nei lineamenti amati, le enfiagioni
e lo scavo finale, la riduzione all'osso, che riporta
la materia conclusa di un corpo nel non finito dell'altra
materia, all'indistinto delle zolle e degli astri.
Il sudario è deposto per pudore
sul volto, perché quel volto smetta di finire
sotto i nostri occhi. Così vorrei
che le parole, poiché non possono asciugare davvero
neanche una goccia
del vostro sangue, ricordassero almeno
la vita, il celeste profondo
o la rosa canina fra i paranchi
che vi ha fatto sorridere
per la sua ostinazione d'essere viva
nel cantiere perpetuo del porto
luminoso di sole morente
o l'altro sole, la grandezza radiale dell'alba
sollevata tra guizzi di reale come un rinascimento.
Mondo contemporaneo che vai a morire
tra i gabbiani delle periferie,
sotto la rotazione della Via Lattea come una verde insonnia dell'universo
che non ci guarda, mondo che sei questo infinito esistere che non contempla
i mortali, senza nome e cognome torneremo cose
tra le cose, senza involucri e senza nostalgia ritorneremo
all'indifferenziato delle stelle. Ma adesso, adesso
che siamo vivi

Felice Serino - Siviera mailart
Loreto Orati
LE MIE LABBRA NON SONO CHE SPONDE DI TERRA
E' nel tormento della parola
che respirano a fatica i poeti,
nella spina del verso,
nell'insonnia che rinnega il sogno,
e cercano luce, per spezzare tutto quel buio,
e frutteti rigogliosi, al centro preciso di ogni deserto,
ed io non posso che inchinarmi
davanti al sangue della bellezza, ai fogli d'oro e di miele,
al silenzio che diventa montagna inarrivabile,
d'echi che scuotono il mondo,
perchè le mie labbra non sono che sponde di terra
su cui germoglia soltanto il tuo nome...
*
Luigi Giordano
GLI EX MORTI
Sei dentro una bara
come la luna nel cono del sole
a calzare di notte il mare
con parole nascoste
dietro l'inchiostro
sul banco abbandonato
in una profonda voragine
e piano si allontanano i passi
al suono di una campanella
nell'ira dei morti
appesi agli angeli.
.
.
Raffaele Piazza
Del mio tempo il senso
A Felice Serino
Ascoltami, Felice, esiste
una forma che sgretola
le cose, entra ossigeno
nel sangue ed è la poesia.
Dove tu sei ancorato
ad un computer per emergere
dalla chiave della
nebbia, immagino la città
di te da me visitata nel 1984.
Dove accade la vita ed è la
Vergine a prendermi per mano
sotto il Manto, gioisco e
trasalgo per mio figlio
amato e non voluto diciottenne.
Calma estiva nelle mattine
di pace occidentale nella sua
per economia differenziandosi
essenza,
da quella dell'Africa Centrale,
la morte dei bambini neri.
Presagi di gioia, Felice, dopo
le visite rarefatte alle librerie
e alle farmacie e i libri letti,
lo squillo del telefono,
la voce degli amici e
bere il vino rosso per redenzioni.
Parlano i pini del Parco Virgiliano
e un messaggio giuntomi per e-mail
da sorgiva ragazza, dice che
le sono piaciute molto le mie poesie
sul sito di Felice Serino.
Pasolini e Dario Bellezza
vegliano, maledetti angeli.
Mio figlio guida l'auto con
sicurezza, padre gioioso, ho spiato
il suo diario dove ha scritto
sei una ragazza affascinante
verresti a cena con me?
Ieri succhiava dalla tetta.
Alessia, perdonami una vita!!!